Friends e xiaolongbao

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Yu Garden

Yu garden

Xiaolongbao

Cotto e mangiato

Xintiandi

Ditta traslochi....

Old town

Qui perdo la cognizione del tempo, vivo sospesa in una bolla atemporale da cui ogni tanto fuoriesco senza fiato chiedendomi “Ma che data è oggi? Siamo in maggio?”. Non vedo la tv, non leggo giornali, non parlo la lingua locale per cui non riesco a captare quel che accade nel mondo; è una sensazione insolita che mi dispiace relativamente, almeno per ora.

In compenso vivo immersa nel qui e ora.

Nel weekend sono stata in giro per templi e shopping con Sara, la ragazza italiana che ho conosciuto pochi giorni dopo il mio arrivo, e che è diventata un’amica. Siamo tornate nella zona di Jing’An Temple, poi abbiamo visitato il Town Temple a Old Town, ( una delusione per me che sono abituata a Java e alle sue meraviglie!) e gli Yu Garden, molto belli ma del tutto identici ai Chinese Garden dove andavo spesso a passeggiare quando vivevo a Sydney. I cinesi sono ottimi giardinieri ma non hanno molta fantasia, questo mi è chiaro.

Infine abbiamo fatto shopping a Old Town e People’ Square, dove ho comprato il mio primo paio di scarpe Nike tarocche per 100 yuan.

Domenica invece ho pranzato con Ruby e famiglia in un ristorante a Xintiandi specializzato in xiaolongbao,( ravioli al vapore ripieni di carne, o carne e granchio), poi ho incontrato John a Laoximen e, visto che diluviava, ci siamo rifugiati da Starbucks per un caffè. È timido, carino, buffo, impacciato. Non è mai uscito dalla città, non è mai stato all’estero e neppure in altre province cinesi, ma è uno shanghainese DOC e spero che mi lasci entrare nel suo mondo, conoscere i suoi amici e le loro abitudini…

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Shanghai Express

Poi una mattina mi sono svegliata, nei polmoni ancora troppo fumo di sigarette, sullo stomaco un peso indefinito, ma ormai di casa lì, e ho deciso che era il momento di cambiare, prendere in mano la vita che non mi piaceva e portarla da qualche altra parte, per provare a trasformarla. Sono talmente pigra che per combinare qualcosa ho bisogno di stimoli grandi, orizzonti aperti e sconvolgimenti generali. Da mesi cercavo di trovare lavoro a Bangkok, il mio luogo dell’anima, e da mesi tutte le porte mi si chiudevano in faccia. Ho pensato che così volesse il destino, che per me non fosse ancora il momento di arrivarci per altri scopi che non implicassero la vacanza, e mi sono messa a cercare da qualche altra parte.
Così ho trovato Shanghai, e di colpo la ruota ha iniziato a girare. Tutto, fin nei più piccoli dettagli, sembrava volermi portare verso la Cina, e i preparativi sono stati veloci e senza intoppi.
Ed eccomi qui, shanghainese da due settimane. Felice, entusiasta, stanchissima.
Shanghai non è il Sud Est asiatico delle foreste pluviali e delle sonnolente cittadine sul Mar delle Andamane, patria di spiagge deserte, oziosi turisti e tanti cani randagi quanti umani. Assomiglia più a Singapore: grandi strade, grandissimi palazzi, grandi e ottimistiche previsioni per il futuro.
Con una sola differenza: non è una città stato, ma una megalopoli in un’enorme paese di megalopoli. Shanghai le batte tutte: nel 2013 conta 23 milioni di abitanti, più di un terzo della popolazione italiana! Di questi 23 milioni, l’81 per cento ha meno di 64 anni.
Su 100 persone che incontri per strada, solo una è occidentale; una sarà forse uigura o sino-tibetana, le altre 98 sono certamente cinesi Han.
Mica facile la vita qui! Ma bellissima. Mi aggiro per le strade con il naso all’insù, i colori, i sapori, gli odori, tutto mi attira e mi irretisce, vorrei assorbire ogni cosa e lasciare che questa città a sua volta mi assorbisse, mi inglobasse, mi fagocitasse per risputarmi fuori un po’ più simile ai suoi abitanti originari. La lingua è un insormontabile ostacolo all’assimilazione ( per non parlare del mio essere europea) ma è anche uno stimolo a far emergere lo spirito di iniziativa e l’istinto alla sopravvivenza.

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Mama, I’m coming home

Times have changed and times are strange
Here I come but I ain’t the same…

Dallo stretto di Dampier, mentre Arenui naviga lenta all’ora del tramonto, e il cielo papuano si sta sciogliendo in un arcobaleno di blu, gialli e rossi, è difficile immaginare che esistano altri paesi, altri mondi, altre vite, e che il tempo non sia solo il presente, questo attimo, ADESSO. E’ talmente bello qui, noi soli tra isole di sogno… se il mondo fosse come dovrebbe essere sarebbe sempre così, e noi saremmo sempre e solo i NOI di questo momento.

Le immersioni tra mante e squali black tip, nudibranchi e pesci napoleone, i timidi wobbegong, i pigmy sea horse…volare a 30 metri sott’acqua in una corrente fortissima, stendersi sulla rete sotto la prua di Arenui, a un metro dalla superifice di questo mare grigio-blu, aspettando il tramonto in attesa di nuove giornate…

Com’è difficile tornare a casa dopo aver vissuto simili esperienze, e assaporato come potrebbe essere abitare in questa parte di mondo, lavorare qui, scendere in acqua ogni mattina, svegliarsi nel sole e col sole andare a dormire. Com’è che perfino le occasionali conoscenze forzate dagli spazi ristretti della barca entrano a far parte della tua vita, e ne conservi il ricordo a lungo, quasi fossero parte della famiglia, anche dopo averli persi per strada? Edward e Ali, Tim e Ashley, Gary e Terry, Pancha, Wawan, Gibo, la banda dei californiani…I’m gonna miss you guys!

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Un altro giro di giostra…

Il primo post del 2011, e sono felice di poter parlare di viaggi. La partenza per l’Indonesia è vicinissima, ci sono valigie da fare, documenti da preparare, ma soprattutto mappe e cartine aperte sui tavoli, dove gli sguardi possono scorrere liberamente, e le menti sognare.

Singapore, poi Sulawesi, il parco di Bunaken e la Papua Nuova Guinea, o meglio la sua parte occidentale, ex Irian Jaya, e poi un veliero che sembra uscito da un film di pirati e che aspetta noi per salpare verso le 600 isole di Raja Ampat. Non le toccheremo tutte, ma le vedremo all’orizzonte, ne intuiremo le forme, e probabilmente sogneremo altro tempo e altri viaggi per poterle scoprire…

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Nietzsche

 

…and those who were seen dancing were thought to be insane by those who could not hear the music…

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Villa incognito

Thailandia. Le strade di Ton Sai piene di gente, come a Riccione nelle domeniche d’estate; in ogni locale fire show e camerieri che vendono marijuana, i diving center gestiti in monopolio dagli svedesi; negozi di tatuaggi ogni dieci metri, e bucket di vodka e redbul a 350 baht. Erano isole che assomigliavano a come immagino il paradiso, poi sono diventate posti per backpackers alti, biondi e tatuati, e adesso sono solo altre località thai per le vacanze in famiglia, o per quelli che recitano il ruolo dei backpackers, ma non hanno le palle per esserlo davvero.
Eppure continuo ad amare Phi Phi, e il viaggio in traghetto per raggiungerla, e passeggiare con Jack e Steven tra i vicoli del paese perdendo l’orientamento, e il fatto che incontri gente di tutto il mondo con storie originali da raccontare, e non solo i bar per puttane che fanno impazzire i farang. Qui trovi ragazzi belli con cui chiacchierare, e puoi fare ciò che vuoi: ubriacarti guardando i fire show o isolarti sulla spiaggia del Palm beach e pretendere di essere su un’isola deserta; puoi imparare la thai boxe, fare diving, andare al cinema o pogare sui System of a Down suonati da una band locale. E’ una piccola, vivace città, ma senza auto e vigili e semafori. Ogni volta che ci torno manca un pezzo di me, e nonostante tutto è un posto che mi fa sentire bene.
 
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Bologna e la neve

Svegliarsi nel bianco con la canzone perfetta
restare ad ascoltarla da sotto il piumone…
Sembra che lui voglia andare in posti migliori di quelli già visti…
e invece quando mi addormento sogno tutta la notte che bussi alla mia porta…
 
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Have I ever told you…

about Bangkok?
Dei suoi templi e padiglioni dorati che brillano tra lo smog e le nuvole a forma di pagoda mentre l’aereo è in fase di atterraggio in città?
Dell’impossibile caldo umido che ti si attacca alla pelle e ai vestiti dal primo secondo quando esci dal Suvarnabhumi, per non lasciarti più fino a che non trovi una stanza con aria condizionata o non rientri nell’aeroporto, pronto per tornare a casa?
Dei thai con i loro sorrisi aperti e il carattere fiero e spigoloso? Cercheranno di aiutarti a godere della tua vacanza, ti vizieranno e coccoleranno, ma non smetteranno mai di considerarti uno stupido e maleducato FARANG, uno straniero che scelgono di tollerare come si tollera un bambino vivace nella sala d’attesa del dottore.
E tuttavia ti innamorerai di loro, della sorprendente gente thai.
Vi ho mai parlato della loro città, la capitale del Siam, quella con il nome più lungo del mondo?
Chiamiamola Krung Thep, per comodità.
Lei è intossicata di traffico per tutto il giorno, e può puzzare tantissimo e spaventarti e confonderti con i suoi milioni di persone e klongs e soi e boulevard e barche che corrono sul Chao Phraya, così piena di tutto che ti perderai molto presto e ti arrenderai al suo ritmo, completamente.
Non ti piacerà se odi farti coinvolgere dalla gente e hai paura della polvere, degli odori e del traffico, e se ami il freddo e l’aria pulita.
In caso contrario, ti innamorerai perdutamente di lei, dei suoi templi e palazzi reali, e dei suoi canali sul melmoso Chao Phraya.
Vi ho mai detto della Montagna d’Oro a Banglamphu, e dello splendore del Wat Arun, il tempio dell’Aurora, con le sue guglie khmer che si specchiano nell’acqua come una bella signora anziana che si guarda allo specchio, appena sveglia, di primo mattino?
O dei mercati notturni come Pat Pong e Suan Lum Bazar, dove puoi trovare tutto quello che cerchi, e per la metà di quello che saresti disposto a pagare?
O del mercato del weekend più grande del mondo, Chatuchak, dove entri come nella Casa Stregata, senza sapere se sarai capace di trovare l’uscita, e a che prezzo?
Questa è Bangkok, Krung Thep, la città degli angeli, capitale del paese dove ho lasciato ormai da molto tempo una parte di me.
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altro da desiderare

“Il caldo umido è bello quando non si ha niente da fare, quando si sta sdraiati con il corpo abbandonato e la testa persa nel nulla, perché non c’è niente da rimpiangere o altro da desiderare sulla riva del fiume di Bangkok.” E’ scritto nel libro di Corrado Ruggeri che mi ha accompagnato per parte del viaggio, e trovo questa frase splendida perchè dice tutto quello che c’è da sapere sul Sud Est asiatico.
Nel viaggio appena finito ho girovagato tra templi millenari che fino a poche decine di anni fa erano ancora coperti dalla cenere dei vulcani e dalla giungla di Java, camminato tra risaie verde fosforescente, assistito a spettacoli di danze balinesi e fotografato a collo in su i grattacieli di Singapore in una eccezionale giornata di sole, eppure l’essenza della vacanza sta nei momenti di calma piatta, quegli attimi prima di un’ immersione, mentre la barca di Wakatobi si muoveva lenta prima di gettare l’ancora, e a prua stavo stesa a cuocere, faccia rivolta al cielo azzurro, una mano penzolante a mezz’aria, a godere il caldo e l’immobilità insieme ai miei compagni d’avventura. O sul pontile del resort, proiettato nel mare di Banda, all’ora del tramonto, quando il cielo si tingeva all’improvviso di rosso e di giallo ocra, e per pochi istanti, subito prima e subito dopo il suo tuffo nel blu, tutto sembrava sospeso, e tutti restavamo in silenzio, a sorseggiare l’aperitivo e a lasciar vagare la mente.
Ci sono stati anche Bali e Java, vari aerei, i templi di Borobudur e Prambanan, il teatro gamelan, incontri con altri turisti, chiacchiere con i locali, libri letti e regalati, molte sveglie all’alba, spesso prima delle 7, e tante serate che si sono concluse presto, dopo una birra sotto le stelle con Andy, Ben e CJ. E finalmente ho nuotato con le razze, anzi loro hanno sfilato per me, per darmi il benvenuto “là sotto”, dove tutto è leggero e ovattato, e dove sembra di fluttuare in assenza di gravità.
Che sensazione indescrivibile trovarsi a 20 metri sott’acqua e respirare piano mentre tre razze ti girano intorno, svolazzando come rondini, per osservarti sempre più da vicino. E’ successo la prima volta che con Marine e Cj siamo scese così profonde, ed è stato bellissimo!

 

 

 

 

 

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Wakatobi

Wakatobi. I tramonti sul mare ogni sera, dal pontile di un albergo svizzero nel cuore dell’Indonesia, e la mattina sveglia all’alba
per andare a immergersi nelle isole vicine. Siamo in pochi: americani, giapponesi, francesi, tedeschi. Ai pasti si mangia in tre tavolate e
si parla di cio’ che rende questo posto unico e incredibile: il mare.
Oggi ho completato il corso per prendere il brevetto da Open Diver, che sensazione nuotare a 18 metri di profondita’  nel mare caldissimo tra razze, cavallucci marini microscopici e grandi tartarughe, e poi alzare la testa e vedere il sole.
Wakatobi…e’ amore!
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